QUANDO GLI ALLEATI DIFESERO CARPINETO DAI NAZISTI, MA NON DA
LORO STESSI…
La storia, quella che si legge sui libri, per quanto reale non
racconta quasi mai i fatti nella loro specificità, lo fa in modo generico ma
senza andare a fondo alla sofferenza di quanti, in quegli anni, hanno vissuto
di orrore e di stenti. Alcune storie restano sepolte perché raccontarle costa angoscia…
e persino vergogna. A Carpineto l’ arrivo dei “liberatori” fu accolto da un sentimento
contrastante, i nazisti avevano vessatorie la popolazione ma, in un certo
senso, si era anche arrivati a convivere con i nemici in una sorta di equilibrio
sul cosa fosse consentito fare e cosa no. Gli alleati arrivarono, si pensava
che la libertà avrebbe giovato a tutti, quasi tutti erano felici nel vedere i
reparti tedeschi andarsene mestamente, senza ripercussioni per i cittadini.
Questi sentimenti di speranza però, dovettero cedere il posto agli orrori che
di lì a poco avrebbero vissuto tutti. I reparti coloniali francesi, composti
dai marocchini, godevano di un tacito permesso da parte delle truppe alleate di
poter disporre a loro piacimento dei territori e delle persone che incontravano
durante la loro campagna, questo significò per gli abitanti l’ essere oggetto
di furti e violenze di ogni genere, molte donne dai 12 ai 60 anni furono
violentate, qualcuna morì a causa delle sevizie mentre chi restò incinta
dovette vivere una vita nella vergogna, il peggio però non era ancora arrivato,
i cacciatori d’ Africa non disdegnano di sodomizzare anche gli uomini…
Per fortuna i nostri concittadini si organizzarono e, dopo
un primo momento di panico generale, decisero che in caso di pericolo si
sarebbero aiutati a vicenda, soprattutto in montagna dove molti restavano
isolati anche per giorni, alcuni se ne andarono momentaneamente a Maenza, paese
liberato dagli americani dove non si correva il rischio di essere uccisi o di
subire violenze.
Oggi a ricordare quei giorni esiste, nel nostro cimitero, un
monumento funebre nel quale sono conservati i corpi di molti di quei soldati
che, cercando un riparo, avevano occupato un casolare della famiglia Pecci,
precedentemente minato dai tedeschi prima della loro ritirata, lo scoppio fu
talmente forte che rase al suolo l’ intero edificio e tutto ciò che si trovava
al suo interno, compresi i gendarmi.
Fernando Eramo
Nessun commento:
Posta un commento